Il gesto nel finale di Spalletti rivoluziona la squadra: ora sarà tutto diverso

Spalletti

L’inno che rimbomba nell’Allianz, la Curva Sud che lo prende e lo rilancia ancora più forte, e Luciano Spalletti che imbocca il tunnel degli spogliatoi con quell’aria a metà tra il concentrato e il divertito, come se stesse rivedendo nella testa il film della partita. Poi lo sguardo incrocia quello di Giarretta, ds del Pafos: un sorriso appena accennato, un sospiro di sollievo che dice più di mille analisi, e un saluto veloce. In quel micro-momento si condensa tutto: la tensione, la consapevolezza, la strana vibrazione che attraversa la Juventus. È da qui che nasce il commento di Juventus-Pafos, ed è da qui che si capisce davvero dove si trova oggi la squadra.

Un sospiro di sollievo, di quelli che ti scappano solo quando la paura è stata vera. Perché il Pafos, arrivato a Torino senza pressioni, ha fatto la sua partita fino in fondo. L’allenatore l’aveva annunciato: “Nessuna paura”. E infatti i ciprioti hanno giocato liberi, mettendo la Juve più in difficoltà del previsto.

La paura, quella vera, è tutta dentro il gruppo bianconero. È la paura che irrigidisce le gambe, annebbia le idee, trasforma l’ordinario in complicato e regala al Pafos la possibilità, legittima, di recriminare per un primo tempo in cui forse avrebbe meritato anche di più. Una paura che si infittisce minuto dopo minuto, come un banco di nebbia che cala sullo Stadium. E lì dentro l’aria pesa: prima mormorii, poi fischi pieni, duri, che risuonano ovunque. Lo stadio va a tempo con la sua Juve: nella prima parte freddo, distante, quasi ostile. Poi, solo quando i bianconeri danno i primi timidi segnali di vita, finalmente si scalda. Ma è un calore fragile, figlio di una serata storta.

In mezzo a tutto questo groviglio di paura e fischi, c’è però un dettaglio che merita di essere messo in grassetto: la mossa di Spalletti. Quella che tutti aspettavano e che, forse, adesso potrebbe diventare qualcosa di più di un esperimento. Il cambio modulo, il passaggio alla difesa a quattro che si stende poi in un 4-2-3-1 vero e proprio. E la differenza si vede: funziona, e funziona molto meglio della Juve impacciata e svuotata del primo tempo. Che sia un punto e a capo? L’inizio di una storia diversa? Difficile dirlo. E soprattutto meglio andarci piano: questa squadra ha già insegnato a non fidarsi degli entusiasmi facili. Perché sì, bene la vittoria, bene la reazione finale. Ma guai a lasciare che il risultato cancelli ciò che si è visto nella prima metà: male, malissimo. Ed è da lì che bisogna ripartire. La strada è ancora lunga e nessuno dovrebbe illudersi.